L’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e Farmindustria hanno fotografato lo stato di salute delle donne italiane, facendo emergere una realtà che fa i conti con dati in chiaroscuro. Dal progetto di ricerca si evince prima di tutto un dato di fatto molto interessante: quello secondo cui le donne siano più longeve rispetto agli uomini, ma anche più consumatrici di medicinali rispetto ai loro compagni uomini perché, di fatto, esposte a malattie che fino a poco tempo fa consideravamo soltanto maschili.
Secondo le stime, le donne italiane hanno una vita media di 85 anni a fronte degli 80.3 anni degli uomini. Come dicevamo però, le donne, pur vivendo più a lungo rispetto agli uomini, si ritrovano ad affrontare patologie da sempre ritenute a prevalenza maschile: malattie cardiovascolari, carcinoma polmonare e obesità, infatti, stanno riguardando sempre più anche il gentil sesso. Per di più, rispetto agli uomini, le donne consumano anche più farmaci: se le donne ricorrono ai medicinali nel 67.5% dei casi, gli uomini si fermano a una percentuale del 58.9%.
Continuando ad analizzare la scia di dati, si scopre che le donne fumano e bevono meno rispetto agli uomini: il 14.8% delle donne dichiara di fare uso di sigarette, fenomeno che nel caso dei maschi è diffuso nella misura del 24.5% del totale. Inoltre l’8.2% delle donne consuma alcol “a livelli di rischio”, cioè un terzo rispetto alla controparte maschile. Interessante è poi il dato relativo al sovrappeso: nonostante le donne siano meno in sovrappeso rispetto agli uomini (28.2% contro il 44.8%), sono loro a praticare meno attività sportiva e ad essere più sedentarie. In pratica solo il 10.3% fa sport con continuità, mentre tra gli uomini, quelli che praticano movimento fisico sono il 27.1% del totale.
“La nostra è una sfida intrapresa con idee e con slancio, convinti che si possa dare un contributo per modificare l’impostazione androcentrica della medicina”, afferma Francesca Merzagora, presidente di Onda. “Il nostro impegno volto a rendere l’approccio di genere uno strumento di programmazione sanitaria, comunque, continua ad andare avanti”, ribadisce Merzagora.
Lascia un commento