Per i pazienti che soffrono di diabete è in arrivo un nuovo farmaco ribattezzato già come “farmaco salva-reni”. Stando ai dati mostrati durante il 52esimo Congresso dell’Associazione Europea per lo Studio sul Diabete (EASD), in quel di Monaco di Baviera, risulta infatti che questo medicinale sarebbe in grado di ridurre significativamente i danni che la malattia provoca ai reni.
In particolare, questo farmaco ha la capacità di ridurre la progressione dei danni ai reni negli adulti affetti da diabete di tipo 2: i test effettuati provano come il medicinale abbia agito positivamente in un numero significativo di casi, riducendo drasticamente la comparsa o il peggioramento di danni renali. Ecco perché l’obiettivo dei ricercatori è quello di trasformare tale prodotto in un vero e proprio alleato per tutti coloro che sono a rischio di insufficienza renale, dialisi e necessità di trapianto del rene, condizioni cioè che sono dietro l’angolo quando viene diagnosticata una nefropatia diabetica.
Come spiega Johannes Mann, ricercatore dello studio LEADER e docente di Medicina presso il Dipartimento di Nefrologia e Ipertensione dell’Università di Erlangen Nuremberg, la nefropatia diabetica “colpisce su per giù il 40% delle persone con diabete e i maschi con diabete di tipo 2 corrono un rischio sei volte più alto rispetto ai non diabetici di sviluppare questa condizione, che rappresenta anche un significativo fattore di rischio per le malattie cardiovascolari”. Insomma, il farmaco sviluppato non è solo molto utile per proteggere i reni compromessi dal diabete, ma a quanto sembra avrebbe tutte le carte in regola anche per diventare un ottimo alleato nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Per accertarsi di questa efficacia gli studiosi hanno valutato gli effetti su un lasso di tempo compreso tra i 3 e i 5 anni del farmaco rispetto al placebo, aggiungendoli entrambi a una terapia standard. La sperimentazione, avviata nel settembre del 2010, ha coinvolto la bellezza di 9.340 sparsi in 32 paesi e ha dato luogo a dei risultati effettivamente inoppugnabili: rispetto al placebo, il farmaco ha diminuito del 22% il rischio di morire per cause cardiovascolari e ha anche ridotto del 13% l’insorgenza di un primo evento cardiovascolare su un follow up di 3 anni e 8 mesi.
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