Chi è stato sorpreso a sbadigliare con una certa frequenza, non deve preoccuparsi di aver dato un’immagine sbagliata di sé. Spesso, infatti, tutti quanti noi siamo inclini a ritenere che chi sbadiglia è una persona annoiata o perennemente assonnata, e invece, secondo quanto riportano studi scientifici molto recenti, sembra proprio che le cose starebbero in un altro modo. Insomma, lo sbadiglio è proprio uno di quei casi nei quali si può affermare con certezza che “l’apparenza inganna”.
Secondo una ricerca condotta dalla State University di New York, poi pubblicata sulle pagine della rivista Biology Letters, infatti, chi sbadiglia spesso non lo fa perché assonato o perché affamato o perché annoiato, ma molto più semplicemente lo fa perché più intelligente rispetto agli altri. Lo sbadiglio come sinonimo di intelligenza, dunque. E’ questa la nuova realtà dei fatti con la quale l’essere umano si ritroverà a doversi confrontare.
In particolare, lo studio in questione si è basato sulla durata, sulla frequenza, sulle “dimensioni” dello sbadiglio e sulle dimensioni del cervello di 109 soggetti appartenenti a 19 specie diverse (tra cui conigli, elefanti, gatti, cani e esseri umani). Da una serie di analisi approfondite gli esperti hanno notato come le “dimensioni” dello sbadiglio fossero correlate in realtà non alla grandezza della mascella, bensì a quella del cervello! Pertanto più una specie o un individuo sono evoluti, intelligenti e abili, e più grande sarà il loro sbadiglio.
Si tratta di una conclusione che mai ci saremmo potuti aspettare, ma non dimentichiamo che la ricerca scientifica è piena di esiti del tutto inattesi. Ad esempio, gli scienziati hanno dimostrato ormai da tempo che per esempio chi sta sveglio fino a notte fonda è più intelligente ed esposto a una vita di successo rispetto ai dormiglioni; così come è stato dimostrato che l’avere un vocabolario più colorito non sia necessariamente indice del fatto che si è poveri di linguaggio. Per non parlare di una ricerca dell’Università del Minnesota che dimostrò come il “disordine esterno” indichi in realtà un forte “ordine mentale” della persona.
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