In presenza di determinati problemi psicologici, in particolar modo quelli dell’ansia e degli sbalzi d’umore, la psicologia moderna ricorre in genere alla terapia cognitivo comportamentale, basata principalmente sulla capacità di esaminare come un individuo metta in relazione quanto accade nella sua mente con gesti e azioni compiuti di conseguenza.
In Italia, la terapia cognitivo comportamentale è davvero molto diffusa e, ad oggi, risulta essere uno degli approcci maggiormente soddisfacenti nella cura di determinati problemi d’ansia. Basata su quello che viene definito il Modello A-B-C, prevede in un primissimo momento l’individuazione della situazione in cui il paziente si trova al verificarsi del disturbo comportamentale e, successivamente, il tentativo di evitare un determinato e conseguente comportamento.
Generalmente, infatti, coloro che si rivolgono alla terapia cognitivo comportamentale sono persone afflitte da disturbi ossessivo compulsivi che tentano di calmare l’ansia mettendo in atto alcuni gesti chiamati proprio “compulsioni”. Lavare le mani in maniera ripetuta anche senza essere entrati in contatto con batteri e sporcizia, tacere per il timore di dire cose sbagliate, evitare la folla per il terrore di fare del mare a qualcuno senza volerlo e molti antro ancora, difatti, sono solo alcuni dei tipici problemi di chi necessita della terapia cognitivo comportamentale.
Il ruolo dello psicologo all’interno della terapia cognitivo comportamentale
Ciò che lo psicologo tende a fare durante la terapia cognitivo comportamentale è innanzitutto cercare di inquadrare quelle che sono le principali cause scatenanti il disturbo ansioso. Per fare ciò, colloquierà a lungo con il paziente al fine di risalire indietro nella memoria di quest’ultimo al giorno in cui hanno iniziato a verificarsi i primi disturbi e al motivo per cui essi possono essersi manifestati. Dopodiché, il terapeuta inviterà il paziente ad esporsi alla situazione di ansia senza mettere in pratica alcuna compulsione.
L’ansia infatti non è altro che un campanello d’allarme che suona fino a raggiungere un certo apice. Raggiunto quell’apice tenderà a scendere automaticamente, facendo rientrare la situazione di pericolo.
Resistere senza attuare alcuna compulsione è difficile, in quanto si pensa che a seguito di tale mancanza accadrà quel qualcosa di brutto e di spiacevole che tanto si teme, ma in realtà quanto appena detto non solo è un pensiero disfunzionale (cioè sbagliato), ma non farà altro che attenuare l’ansia soltanto momentaneamente, facendola altresì ripresentare in maniera ancora più aggressiva. Più infatti il pensiero disfunzionale si insinua e mette radici nella mente, più lunga e difficile sarà la terapia cognitivo comportamentale.
I campi in cui trova maggiormente applicazione la terapia cognitivo comportamentale
La terapia cognitivo comportamentale viene utilizzata in moltissimi disturbi dell’ansia e dell’umore. In particolare, essa trova applicazione nei disturbi dell’area nevrotica (ansia, fobie, ossessioni, compulsioni), nei disturbi del comportamento alimentare, nei disturbi della personalità, nelle disfunzioni sessuali, nelle psicosi, nella schizofrenia e nei problemi dell’età evolutiva.
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