Allattare al seno sembrerebbe ridurre il rischio di incorrere in endometriosi. A suggerirlo è uno studio condotto dai ricercatori del Brigham and Women’s Hospital, recentemente pubblicato sulle pagine della rivista BMJ. Gli autori, per giungere a questa conclusione, hanno condotto una serie di test su migliaia di donne per buona parte di età superiore a 20 anni, ed hanno appunto scoperto che allattare al seno per un periodo di tempo prolungato ridurrebbe il rischio di ricevere una diagnosi di endometriosi.
Endometriosi e gravidanza: quale legame?
Il progetto di ricerca ha coinvolto 72.394 donne, 3.296 delle quali hanno ricevuto una diagnosi di endometriosi a margine della prima gravidanza. Ebbene, in base ai risultati emersi dai questionari compilati da ciascuna di queste donne, è emerso che il rischio di endometriosi si ridurrebbe dell’8% per le donne che allattano per almeno tre mesi dopo la gravidanza.
Inoltre è emerso che le donne che allattano al seno per più di 3 anni, o che lo fanno in altre occasioni di vita (magari in vista di una seconda o terza gravidanza), hanno il 40% di possibilità in meno di sviluppare l’endometriosi rispetto a chi non ha mai allattato.
“Data la natura cronica della patologia e il fatto che pochissimi fattori di rischio modificabili siano attualmente conosciuti – spiegano gli esperti – l’allattamento al seno può esser visto come un elemento capace di ridurre il rischio di endometriosi nelle donne dopo la gravidanza”.
Cos’è l’endometriosi
L’endometriosi, per chi non ne fosse a conoscenza, è una malattia progressiva che spunta fuori quando alcune cellule della mucosa uterina si spostano fuori dall’utero, magari a cavallo del basso ventre e di altri organi. Quando avviene questo, i focolai endometriosi crescono e sanguinano e creano appunto il disagio tipico della malattia.
Allo stato attuale, come hanno poi ammesso gli stessi ricercatori, non si conoscono per bene le cause che stanno all’origine di questa condizione. E’ appurato però che emorragie mestruali prolungate, cicli troppo brevi, fattori genetici e inquinamento ambientale abbiano un ruolo determinante nell’aumento del fattore di rischio.
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