In ambito chirurgico la tecnologia e le tecniche operatorie fanno costantemente passi da gigante. Questo è vero anche per quanto riguarda la chirurgia estetica; oggi esistono in tutta Italia cliniche in cui operano chirurghi di fama nazionale e internazionale, in grado di correggere qualsiasi tipologia di problematica. Chi si rivolge a queste cliniche è spesso qualcuno che desidera in intervento di tipo puramente estetico; la motivazione che spinge a tale tipologia di interventi può però essere conseguente a un trauma, a una patologia o a un precedente intervento. I chirurghi estetici non solo devono essere costantemente aggiornati sulle più nuove tecniche disponibili, ma anche avere a disposizione la corretta strumentazione e offrire al paziente tutto ciò di cui ha bisogno. [Leggi di più…] infoLa chirurgia estetica oggi
Chirurgia
I principali rischi della liposuzione
L’ossessione per il peso corporeo si è trasformata in una sorta di “status quo”; restare in forma coinvolge qualsiasi fascia d’età e categoria sociale, attraverso regolare esercizio fisico e rigorose abitudini alimentari. Mentre per molti questa ossessione non è strettamente necessaria, la categoria delle persone sovrappeso spesso non ottengono i risultati sperati; quindi entrano in gioco alternative più drastiche come la liposuzione.
La liposuzione è un mezzo chirurgico per eliminare il grasso in eccesso praticando un’incisione sull’epidermide dell’individuo, inserendo una cannula in uno strato di grasso e aspirandolo dall’interno. Nonostante sia all’apparenza semplice, comporta invece una serie di rischi che vedremo.
Errata distribuzione del grasso
Siccome il processo modifica la distribuzione del grasso, esiste il rischio che il paziente ne ottenga di più. Dopo la rimozione irregolare del grasso da una certa regione del corpo, lo stesso lotta per ripristinare l’equilibrio omeostatico. Di conseguenza, più grasso viene distribuito intorno alle aree da cui è stato prelevato utilizzando il grasso presente nelle altre aree. Alla fine, il paziente potrebbe uscirne sfigurato.
Resistenza all’insulina
Il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 aumenta significativamente dopo un intervento chirurgico di liposuzione.
Problemi ormonali
Gli uomini gestiscono la liposuzione molto meglio delle donne. Questo perché molti ormoni femminili come gli estrogeni hanno bisogno di grassi per il corretto metabolismo. Liberarsi di questi depositi di grasso naturale implica uno squilibrio ormonale, specialmente dopo la menopausa.
Embolia grassa
Durante il processo di liposuzione, diverse quantità di grasso vengono prelevate dalla loro posizione naturale attraverso la cannula. Capita a volte che non vengano aspirati correttamente durante l’intervento. Di conseguenza potrebbero entrare nella circolazione sanguigna del paziente in quantità anormali (iperdipidemia), rimanere intrappolati all’interno e causare un’embolia grassa.
Accumulo di fluido
Aspirare grasso dal corpo col processo di liposuzione può causare un’errata distribuzione di fluido corporeo. Prendiamo ad esempio il terzo spazio fisiologico, il quale ospita una certa quantità di liquido.
Lo spostamento del bilancio idrico dopo la liposuzione potrebbe finire in questo terzo spazio, provocando gonfiore, il quale è difficilmente gestibile dal rene, predisponendolo al danneggiamento. Mentre il fluido che si accumula sotto la pelle potrebbe essere facilmente drenato con un ago, è molto più complicato eliminare quello che si accumula all’interno.
Puntura della cannula
Uno dei rischi più rari ma che comunque merita attenzione. Per asportare grandi quantità di grasso, il chirurgo deve sottoporre il paziente ad un rapido esame con la cannula; questo processo potrebbe provocare delle lesioni interne che, se non scoperte in tempo, potrebbero rivelarsi fatali. Quindi, la raccomandazione è di farsi sottoporre ad una valutazione post-chirurgica per verificare che non ci siano tracce di lesioni interne o infezioni.
Protesi anca mini invasiva: la soluzione definitiva e sicura
La chirurgia per l’impianto di una protesi anca mini invasiva è, ad oggi, la migliore soluzione (anzi, l’unica) che possa assicurare risultati positivi e restituire ai pazienti affetti da artrosi avanzata e disabilitante una qualità della vita normale.
L’artrosi colpisce oltre 4 milioni di italiani e non soltanto anziani: può manifestarsi dopo i 40 anni e può insorgere anche in soggetti giovani (non sono pochi i casi di adolescenti affetti da artrite giovanile).
Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati registrati, l’artrosi dell’anca, ginocchio e mani colpisce il 15% degli adulti ed il 30% degli anziani.
La protesi anca mini invasiva (come la protesi ginocchio impiantata con la stessa tecnica avanzata) non fa che sostituire l’articolazione compromessa. [Leggi di più…] infoProtesi anca mini invasiva: la soluzione definitiva e sicura
Trapianto della Cornea: tutto ciò che bisogna sapere
- Perchè è importante avere una cornea sana
- Trapianto di cornea: i due principali metodi di intervento
- Trapianto di cornea: le complicanze post-intervento
Il trapianto della cornea è un’operazione chirurgica eseguita da uno specialista nel campo dell’oculistica finalizzata alla rimozione di una parte della cornea. Si tratta di una procedura obbligata per chi vuole sostituire la vecchia cornea con una parte nuova e funzionante, parte che può provenire tanto da un donatore quanto essere stata lavorata sinteticamente. Questo intervento viene altrimenti rinominato come trapianto corneale o cheratoplastica, ma indipendentemente da come lo si preferisca inquadrare, alla fin fine l’obiettivo ultimo di questo trapianto è uno soltanto: restituire al soggetto interessato una cornea funzionante, liberandolo di quella vecchia che a causa di una cicatrice o di una malattia non permetteva più alla luce di raggiungere le zone interne dell’occhio.
Perchè è importante avere una cornea sana
La cornea è molto semplicemente quella parte trasparente che ricopre i nostri occhi. Prima di arrivare al cristallino, ossia alla lente che si trova nella parte interna degli occhi, la luce passa prima attraverso la cornea ed è proprio per questo che parliamo di un aspetto molto importante per la salute della nostra vista: senza una cornea funzionante la luce non avrebbe modo di filtrare in modo appropriato e ci impedirebbe di vedere quel che siamo in grado di vedere. Per una visione perfetta la membrana deve infatti essere trasparente, ma può accadere che si verifichino alcune condizioni che possono danneggiarla come ad esempio cicatrici provocate da traumi o infezioni, malattie o distrofie genetiche come la distrofia di Fuchs e la distrofia Lattice, e malattie rare degenerative che deformano e assottigliano la cornea come nel caso del cheratocono.
Trapianto di cornea: i due principali metodi di intervento
Per restituire alla persona una membrana funzionante ad oggi esistono due principali tipologie di trapianto di cornea. Il primo è il cosiddetto trapianto “a tutto spessore” (altrimenti detto “cheratoplastica perforante”) che chiama in causa una procedura in cui vengono trapiantati tutti gli strati della cornea del donatore; in alternativa esiste il trapianto lamellare, una procedura nell’ambito della quale il chirurgo sostituisce solo alcuni precisi strati della cornea (come ad esempio lo strato più profondo o magari quelli più superficiali).
A seconda dei casi può essere necessario ricorrere al trapianto perforante o a quello lamellare, ma in linea di massima si può dire che il primo è adatto a casi più seri e gravi, mentre il secondo viene preso in carico dinanzi a casi in cui la malattia è ancora limitata soltanto a una parte della cornea.
Gli esperti assicurano che un trapianto “a tutto spessore” tende ad avere una maggior percentuale di successo sul lungo termine. Secondo i dati a nostra disposizione risulta infatti che una nuova cornea abbia una durata di almeno 10 anni nell’89% delle persone affette da cheratocono, nel 73% dei pazienti con distrofia di Fuchs e nel 60-70% delle persone con cicatrici alla cornea.
Trapianto di cornea: le complicanze post-intervento
Le complicazioni che possono verificarsi nella fase di post-trapianto variano molto a seconda degli specifici casi, anche se sono sicuramente meno probabili e serie rispetto a molti altri interventi. La cornea è infatti un elemento quasi privilegiato dal punto di vista immunitario, poiché in primo luogo non necessita per forza di cose di una corrispondenza tra donatore e ricevente, e anche perchè i colliri concentrati con steroidi sono ormai in grado di proteggere contro il rigetto allontanando la possibilità che il paziente debba assumere farmaci a tale scopo. L’intolleranza nei casi di trapianto corneale è pertanto limitata a meno del 20% dei casi totali.
Pur in una piccola percentuale di interventi, dunque, non si escludono casi di cicatrici, di formazione di cataratte e di distacco della retina, di fuoriuscita di liquido dall’incisione effettuata in fase di trapianto, di problemi generici alla vista e di emorragia e infezioni (sebbene queste due ultime possibilità siano ormai assimilabili allo spettro delle complicazioni più rare). I trapianti “a tutto spessore”, inoltre, possono dare come conseguenza fenomeni di astigmatismo, miopia e ipermetropia, rendendo necessario l’utilizzo di lenti a contatto o di lenti piuttosto spesse.
Al di là di tutto ciò, però, il trapianto della cornea è un intervento che può seriamente migliorare la vita della persona che vi si sottopone, anche se la ripresa della vista è inevitabilmente lenta e come tale richiede un po’ di sana pazienza. Se tuttavia il paziente dovesse notare una irritazione o una forte diminuzione della vista per più di sei ore nell’arco di una giornata, il consiglio è quello di rivolgersi al proprio medico affinché possa prevenire o curare quello che potrebbe essere il sintomo di un rigetto (che può anche avvenire a distanza di anni dal trapianto).
Rottura del legamento collaterale: sintomi e operazione
- Legamento collaterale: le sue funzioni
- Legamento collaterale mediale: perché si può rompere?
- Legamento collaterale mediale: i sintomi della rottura
- Legamento collaterale mediale: come effettuare la diagnosi di rottura
- Legamento collaterale mediale: come trattare le lesioni
- Legamento collaterale mediale: parliamo di prognosi
Il ginocchio è una parte del corpo fondamentale per la qualità della motilità. Per questo motivo è bene fare attenzione che tutti i legamenti che ne permettono il corretto utilizzo siano sani. Si sente spesso parlare di rottura del legamento crociato anteriore e posteriore, ma è bene porre attenzione anche alle lesioni a carico del legamento collaterale. Ecco quindi qualche informazione utile per gestirle al meglio e per capire come si svolge il processo di risoluzione chirurgica.
Legamento collaterale: le sue funzioni
Prima di parlare di lesioni è bene capire quali sono le funzioni svolte dai legamenti collaterali. Utilizzare unicamente questa definizione significa però essere imprecisi. Perché? Perché i legamenti collaterali si distinguono in laterali e mediali. Il legamento collaterale laterale è situato esternamente al ginocchio, mentre quello mediale è interno. La loro funzione principale è quella di controllo della stabilità laterale passiva del ginocchio.
A essere particolarmente soggetto a lesioni più o meno gravi è soprattutto il legamento collaterale mediale, che può essere interessato da problemi causati da movimenti anche semplici legati all’esercizio di attività sportive. Ecco qualche chiarimento inerente le cause della lesione.
Legamento collaterale mediale: perché si può rompere?
Il legamento collaterale mediale si può rompere o strappare in diverse occasioni. Nella maggior parte dei casi gli infortuni che coinvolgono questa parte del ginocchio si verificano nel corso dell’esercizio di sport di contatto, come per esempio calcio e rugby.
Si può parlare di episodi specifici che possono causare lesioni gravi al legamento collaterale mediale. Tra questi sono annoverabili le situazioni in cui avviene una torsione del ginocchio, e il peso corporeo è tutto concentrato sul piede che nel corso di un’azione di gioco è rimasto a terra.
Altre situazioni che possono favorire lesioni a carico del legamento collaterale mediale sono i contrasti diretti con gli avversari e le ricadute poco controllate da salti. Quali sono i sintomi della rottura del legamento collaterale mediale? Ecco qualche informazione in merito.
Legamento collaterale mediale: i sintomi della rottura
Quali sono i sintomi della rottura del legamento collaterale mediale. Il quadro varia da persona a persona, ma è opportuno ricordare che esistono dei punti che è bene tenere a mente, davanti ai quali è fondamentale contattare un medico.
Ecco un breve elenco dei sintomi più frequenti della rottura del legamento collaterale mediale.
- Dolore a fronte di una digitopressione, soprattutto quando si esercita nella parte mediale del ginocchio. La sensazione si accentua in caso di flessione.
- Diminuzione del dolore nei casi in cui i legamenti collaterali sono in posizione di risposo, ossia quando il ginocchio è semiflesso.
- Presenza di zone tumefatte e di echimosi.
- Difficoltà nella deambulazione.
Davanti a questi episodi è bene contattare in maniera tempestiva un medico, che avrà il compito di operare la diagnosi.
Legamento collaterale mediale: come effettuare la diagnosi di rottura
Come viene effettuata la diagnosi di rottura del legamento collaterale mediale? In questi casi si parte da un’analisi del quadro durante il quale è avvenuto l’infortunio, così da accertare le specificità della dinamica. In seguito il medico effettua dei test fisici, esercitando per esempio pressione mentre il paziente mantiene il ginocchio flesso e la gamba sollevata.
In questo modo è possibile accertare l’effettivo grado di rigidità e il livello di dolore che il paziente avverte durante lo sforzo di pressione messo in atto dal medico. Esiste ovviamente anche un approccio strumentale, che prevede l’esecuzione di esami come la risonanza magnetica e l’ecografica.
Le lesioni a carico del legamento collaterale mediale possono essere classificate secondo questo schema:
- Lesioni di I grado: il trauma è lieve ed è presente solo uno stiramento con micro rotture delle fibre.
- Lesioni di II grado: il trauma è moderato, con l’integrità del legamento parzialmente interrotta.
- Lesioni di III grado: in questo caso ci troviamo invece davanti a un trauma intenso. La situazione è caratterizzata da un’interruzione quasi totale della continuità anatomica del legamento e il paziente lamenta i sintomi che abbiamo ricordato nel paragrafo precedente, ossia dolore intenso e palese instabilità clinica. Altro dato da tenere presente è l’apertura superiore ai 10 mm della rima mediale durante il test in valgo stress.
Legamento collaterale mediale: come trattare le lesioni
Il trattamento delle lesioni minime a carico del legamento collaterale mediale prevede un percorso conservativo. Attraverso l’osservazione di precise indicazioni riguardanti i periodi di riposo e grazie all’apposizione di ghiaccio è possibile recuperare in poco tempo un buon livello di funzionalità, che può essere perseguito anche grazie all’aiuto di un tutore, da utilizzare fin dalle prime ore successive all’infortunio.
Quando si opta per la ricostruzione chirurgica? Quando la rottura del legamento collaterale mediale è accompagnata anche da uno strappo a carico del crociato anteriore o di quello posteriore. Un fattore di cui tenere conto in questi casi è l’eventuale instabilità prolungata. Risulta comunque utile ricordare che l’approccio chirurgico a fronte di lesioni al legamento collaterale è abbastanza raro.
Legamento collaterale mediale: parliamo di prognosi
Quale prognosi per i pazienti che hanno subito lesioni al legamento collaterale mediale? A seconda della gravità della situazione è possibile parlare di diverse tempistiche. Le lesioni minori, se il paziente segue in maniera pedissequa il protocollo di recupero indicato dal medico, possono essere risolte in poco tempo, consentendo non solo un rapido ritorno al sociale, ma anche una ripresa dell’attività sportiva in meno di tre mesi.
La situazione è diversa per quanto riguarda i casi di approccio chirurgico, che prevedono un percorso di riabilitazione più lungo, che coinvolge sedute di fisioterapia decisamente più distribuite nel tempo.
Le lesioni a carico del legamento collaterale mediale sono più rare rispetto a quelle che coinvolgono il crociato anteriore e quello posteriore, ma è comunque bene conoscerne i sintomi e avere anche una minima idea dello stato fisico del proprio ginocchio, così da intervenire celermente in caso d’infortunio.